Un recente studio condotto congiuntamente da Leaseurope e Deloitte fotografa il leasing come una tipologia di finanziamento con perdite contenute e a più basso rischio rispetto ai prestiti bancari tradizionali.
Ad avvalorare quanto sostenuto nell’analisi, anche l’Università di Colonia attraverso un documento aggiornato al 2019, sostiene che i rischi nel leasing sono sovrastimati e suggerisce un adattamento dei requisiti patrimoniali agli organi di vigilanza.
In entrambi gli studi si evince come il leasing si differenzi dai mutui principalmente per il ruolo che la proprietà dei beni riveste all’interno delle società di leasing; in caso di insolvenza, in particolare, le società rientrano in possesso del bene che può quindi essere rivenduto alimentando i mercati di rivendita.
Come accennato, al netto delle garanzie collaterali a cui sempre più spesso le società di leasing fanno riferimento (MCC, SACE, FEI…), è il bene stesso la garanzia principale; il bene risulta spesso un asset strategico di cui le aziende dispongono e risulta fondamentale nel processo produttivo al punto in cui alcune imprese preferiscono pagare correttamente i canoni di leasing a discapito di altri impegni finanziari non ritenuti così strategici.
Lo studio targato Leaseurope/Deloitte ha analizzato circa 3 milioni di contratti di leasing in tutta Europa e più precisamente in 25 paesi facenti parte dell’Unione.
Il verdetto è stato unanime: le perdite nel leasing e i tassi di insolvenza sono inferiori alle medie bancarie.
Il leasing in Italia, come spesso riportato dalle statistiche di Assilea, risulta in costante crescita nonostante gli ultimi due difficili anni e si identifica come lo strumento principe per sostenere gli investimenti delle piccole e medie imprese italiane alla ricerca di una soluzione dinamica e personalizzata.
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